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Cinema: V for Vendetta

Dopo l'enorme successo di Matrix, V for Vendetta è fuori di dubbio una pellicola in grado di ricordare sia al grande pubblico che ad osservatori più critici che i fratelli Wachowski non hanno esaurito né la loro vena creativa, né il loro talento.

Certamente non è possibile non considerare il fatto che non si tratta di una creazione originale dei famosi sceneggiatori, quanto di una trasposizione cinematografica del celeberrimo fumetto scritto da Alan Moore ed illustrato da David Lloyd; tuttavia il compito di adattamento al grande schermo è stato compiuto con perizia meritevole di lode.

Con la collaborazione di David Lloyd la regia è riuscita a ricreare senza sbavature l'atmosfera visiva del fumetto, senza eccedere in un virtuosismo grafico che poteva portare l'estetica ad oscurare la trama (come forse è successo in Sin City, la trasposizione più chiacchierata degli ultimi tempi); nei rari casi in cui la storia sembra discostarsi dal suo modello il dichiarato intento di modernizzazione degli aspetti più datati dell'opera di Moore risulta come una motivazione di cambiamento sufficiente a giustificare le piccole differenze riscontrabili (insieme alle palesi esigenze strutturali legati ai medium di comunicazione differenti).

Il tema di V for Vendetta è senza dubbio politico, ma l'atmosfera da fumetto ingentilisce tinte che potrebbero risultare molto cupe; frutto del miracolo dell'arte, che consente di trasmettere un messaggio forte ma senza aggredire o deprimere.

Il personaggio del bombarolo mascherato che coltiva rose ed ama ascoltare la musica di un vecchio juke-box (interpretato splendidamente da Hugo Weaving, che ha saputo sfruttare tutta la sua esperienza di attore teatrale per dare carattere ad una figura destinata a rimanere senza volto) combina in maniera efficace violenza ed amore per la bellezza, colorandosi facilmente di tinte romantiche; così come l'intensa interpretazione di Evey Hammond fornita da Natalie Portman conferisce al personaggio femminile uno spessore forse assente nell'opera originale.

In questa prospettiva di intensità strutturale e di interpretazione rientra la scelta di un utilizzo impeccabile ma sobrio degli effetti speciali; altro pregio del film, se si considera dell'abuso che spesso viene fatto delle più moderne tecnologie, in particolar modo nel contesto di pellicole tratte da fumetti.

L'unica difficoltà all'interno di un'opera assolutamente scorrevole può forse derivare dalla scarsa familiarità di un pubblico non britannico con la persona di Guy Fawkes, il personaggio storico che ispira la maschera del fantomatico V; catturato, torturato e giustiziato nel gennaio del 1606 dopo essere stato catturato il 5 novembre dell'anno precedente nell'atto di sistemare barili di polvere da sparo nei sottoscala del parlamento inglese (la congiura era stata ordita da 12 uomini, decisi a reagire alle persecuzioni verso i cattolici portate avanti dal re James I), in Inghilterra le sue effigi vengono ancora bruciate ogni anno nel giorno della congiura a ricordo dell'attentato fallito.

Come è giusto, sia sulla storia che sui propri personaggi il film non emette giudizi morali; ma pone gli interrogativi.


Fabia Scali-Warner

 
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