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Cinema: La sposa cadavere

Chiusa la parentesi semipsichedelica di Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato, ecco il ritorno di Tim Burton ad un'atmosfera cupa a lui più usuale. Non che i primi minuti del rifacimento del famoso film con Gene Wilder nei panni del bizzarro cioccolatiere siano da meno; tuttavia lo spalancarsi delle porte della fabbrica rivela un mondo di architetture e colori quanto mai improbabili ed inaspettati, soprattutto considerata l'estetica generalmente sobria del regista.

Ma torniamo alla Sposa cadavere. Il confronto con Nightmare before Christmas è spontaneo e voluto; accomunati dallo stile vagamente Art Nouveau dei disegni dei personaggi, il concetto di danza macabra che anima entrambe le pellicole è similare, pur presentando sostanziali differenze.

Pur avendo i due film in comune al livello della trama una natura essenzialmente di fiaba, in Nightmare before Christmas all'inquietante mondo di Halloween facevano da contraltare la gioiosa contrada del Natale ed il familiare scenario del mondo del ventesimo secolo; nella Sposa cadavere l'alternativa ad un macabro ma comunque festoso aldilà è la realtà opprimente della società vittoriana, la cui patina di polvere sembra quasi posarsi sulle scene, conferendo una particolare opacità a luoghi e personaggi, nonché un'inquietante (seppur sottile) ambiguità riguardo alla scelta esistenziale tra vita e morte.

Ma non solo. Già nel titolo la Sposa cadavere rivela la sua natura essenzialmente più cupa rispetto alle avventure di Jack Skeletron, Signore di Halloween in Nightmare before Christmas; ed infatti mentre in precedenza la morte non compariva mai in maniera esplicita, pur parlando del mondo di Halloween, in questo caso la trama è interamente basata sulla distanza incolmabile tra il mondo dei morti da quello dei vivi, per quanto la distanza sia a senso unico; tutti prima o poi raggiungeranno il mondo di sotto, come ricorda un teatrino danzante di scheletri, in una rivisitazione burtoniana dell'antica danza macabra.

Alla luce di queste considerazioni, ciò che veramente avvicina la Sposa cadavere alla precedente produzione del regista, al di là delle autocitazioni da Nightmare before Christmas (che sono sì ampiamente presenti, ma complessivamente irrilevanti ai fini di un'interpretazione più profonda) è l'estetica di Tim Burton, un'estetica che diventa in fin dei conti una morale.

Da Edward, dalle mani di forbice a Jack Skeletron alla Emily della Sposa cadavere il messaggio del regista sembra voler essere sostanzialmente lo stesso, seppur presentato con esempi diversi: ciò che è diverso, all'apparenza terribile e brutto (e cosa c'è di più terribile e brutto della morte, nel ventunesimo secolo?) può trascendere la propria immagine superficiale ed apparire bello in un modo nuovo e profondo, risultando infine degno e meritevole di amore.

Dietro alla superficie macabra Tim Burton cela un intero mondo poetico dove malinconia e bellezza si confondono; da questa breve fiaba aspettatevi che sia comica, ma non allegra; forse prevedibile, ma non scontata; triste, ma non senza la redenzione della bellezza.


Fabia Scali-Warner

 
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