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Cinema: Tickets

LA STAMPA -
Tre grandi registi dirigono in «Tickets» tre piccole storie di passeggeri di un treno che viaggia dalla Mitteleuropa a Roma: rapporti interclassisti e internazionali, toni lirici, ironici, sociali, per dire che il privilegio e l'esclusione sono sempre presenti, che anche oggi c'è chi può permettersi un ticket, un biglietto di viaggio, e chi non lo avrà mai.
L'esclusione dall'amore rattrista un anziano professore: con il suo tocco straordinario, poetico e umano, Ermanno Olmi ne racconta l'innamoramento per una giovane segretaria. Il breve film è una lode all'amore nella vecchiaia come nuova, insperata felicità; e anche un'intuizione di quanto, nell'età avanzata, l'amore si mescoli alla utilità servizievole, alla gentilezza provvidenziale della donna, alla giovinezza efficiente.
Al privilegio padronale è dedicato il sardonico finissimo ritratto girato da Abbas Kiarostami: una donna anziana prepotente e autoritaria, vedova di un generale dell'esercito, ricca e imperiosa, impone le proprie arroganti pretese e la propria mancanza di rispetto per le regole collettive a controllori, ferrovieri, viaggiatori, soprattutto al giovane in servizio civile incaricato di assisterla. Finirà per ritrovarsi sola, senza alcun aiuto, senza parole e senza forza, seduta tra le sue valige sulla banchina d'una stazione.
L'incontro tra due tipi diversi di esclusione avviene nell'episodio diretto da Ken Loach: tre ragazzi di Glasgow, lavoratori d'un supermercato in viaggio con un sacchetto di panini portati da casa per sostentarsi e senza un soldo, vanno a Roma per la partita di Champions League Celtic-Roma; conoscono un ragazzino e una ragazza albanesi poverissimi; nascono diffidenze, sospetti, si rafforzano pregiudizi ma anche gesti generosi; grazie alla comune gioventù quell'incontro non diventa sordido. Benchè ambientati sullo stesso treno, con diversi personaggi minori in comune e con i protagonisti che a volte si sfiorano, i tre brevi film restano ciascuno autonomo, segnati dalla personalità del regista, dagli attori (la ricca cattiva Silvana De Santis è bravissima) e dall'intelligenza promettente dell'operazione produttiva.

Lietta Tornabuoni

 
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