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Arriva Pezzi l'ultimo album De Gregori, un "uomo confuso" con tanta voglia di suonare

IL TEMPO -
«Sono un uomo confuso alla ricerca di frammenti di realtà». Due giorni prima dell'uscita del suo nuovo cd «Pezzi», Francesco De Gregori chiude il cassetto delle certezze e ammette che dietro la vitalità di questa sua collezione di canzoni - tutte però segnate da una sorta di sottile angoscia rock-blues - si celi la necessità di accettare tutti i pezzi del mosaico del mondo, rinunciando a leggerne il disegno finale. Che è oscuro, indecifrabile, insidioso.
De Gregori, qual è l'ossessione sotterranea che ha ispirato questo lavoro? «Forse la paura collettiva della storia che ci sovrasta. E l'apprensione tutta personale di un uomo di 54 anni, che si affaccia alla linea d'ombra. Davanti a me vedo un percorso di cui intuisco il fondo, ma non capisco se è una discesa o salita. E un po' mi intimorisce». Una crisi conradiana di mezz'età? «C'è quel film di Nanni Moretti in cui, al quarantenne, l'amico fa vedere quanto tempo gli resta. Quel metro che diventa sempre più corto, no? Come dico in una mia canzone, c'è questo treno che sta partendo ma non è ancora partito». Cosa c'è sul quel treno? «La mia vita. Canzoni, viaggi. Le donne che ho amato. Le sconfitte. È il tentativo di un bilancio provvisorio, a metà strada. Fra un anno magari scomporrò di nuovo questo puzzle, dove ora c'è l'autoritratto di un cinquantenne. Che sa di non poter capire il senso del mondo, ma solo intravedere i pezzi che tumultuosamente ci arrivano davanti agli occhi».
La storia siamo ancora noi? O qualcuno ce l'ha scippata? «Ne ero molto più sicuro quando scrissi quella canzone. Non so se perché è cambiata la politica o perché io sono diventato più disilluso. Ma una frase scultorea come quella non mi verrebbe più in mente. E neanche voglia di cantarla nei concerti». Peccato, no? «Sì, ma vedo che oggi la storia è cattiva, fa a pezzi gli individui, vecchi e bambini, poveri e ricchi. Non possiamo contribuire a farla. È nelle mani di pochi». E forse non quelli giusti... «Forse. Come è stato già in passato».
In «Tempo Reale» lei canta: «Sotto gli occhi della Fraternità, la Libertà con un chiodo tortura la Democrazia». Un concetto diventato anch'esso ambiguo, visto il modo con cui qualcuno la esporta... «È un grosso problema. Perché ti fanno vedere il dito sporco d'inchiostro degli iracheni e allora immagini che sia stato giusto esportare la democrazia. Non so, una parte di ragione l'avranno avuta, gli americani, per agire così...» Quale ragione? Cacciare Saddam? «Lui era un dittatore, ma ora lì la situazione è di grandissima confusione. Francamente non ho un'idea precisa sulla guerra, non sono mai stato un pacifista con la P maiuscola, e nemmeno uno che sposa la politica di Bush. Da questo mio disco si capisce che vivo un momento di vera confusione. Riflettevo l'altro giorno che Hitler è stato inventato dalla volontà popolare. Non è andato al potere con un colpo di Stato: aveva vinto le elezioni».
In «Vai in Africa Celestino» compare però una sorta di anatema contro gli ignavi. «Anch'io sarei fra loro se non avessi il privilegio di poter esprimere i miei dubbi, da sincero democratico. Ma non ho ricette da offrire, non saprei consigliare un indeciso sul voto per la fecondazione assistita. Una volta avrei detto di essere un non credente». E oggi? Coltiva anche un seme spirituale? Come certi politici? «I politici sono gli esseri umani più lontani da Dio». Ne eliminerebbe qualcuno, a destra o sinistra? «Non ho questo potere. Vorrei piuttosto che la politica tornasse vicina ai sentimenti della gente».
Nelle sue canzoni più classiche l'Italia si è imbarcata sul Titanic, o sulla Sirio. Stavolta appare sott'acqua il Nautilus del capitano Nemo, il difensore dei deboli. «Noi italiani stiamo affrontando un viaggio ricco di contraddizioni, di cambiamenti istituzionali ed elettorali. Ma non sono un politologo come Sartori. Rivendico l'umiltà dello scrittore di canzoni. E quella su Nemo, in realtà, è una storia sul fallimento delle tecnologie».
De Gregori, che fine avrà fatto la donna cannone? «Chi lo sa, era un pezzo ispirato a un fatto di cronaca. Se è scappata dal circo si sarà messa con qualcuno. Spero abbia fatto figli e che abbia seguito una dieta, ma non drastica. Mi piacerebbe se fosse ancora un po' in sovrappeso. Avrà superato felicemente i sessant'anni. E le auguro di non essere più un'attrazione, ma di divertirsi lei, stavolta, guardando gli artisti sotto quel tendone».

Stefano Mannucci

 
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