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"Spaccio di Stato" o "Male minore"? L'Italia divisa sulle "Stanze del buco"

E' frequente, nel nostro paese, l'accendersi di clamorosi dibattiti intorno a questioni che appaiono auspicabili o inaccettabili a seconda che si abbia una visione liberale o piuttosto interventista dello Stato.
Anche quando il tema dibattuto non mette direttamente a rischio i valori cattolici radicati nella popolazione, si torna periodicamente a riconsiderare quale debba essere il ruolo dello Stato, fino a che punto debba mantenere un ruolo eticamente esemplare e quanto invece possa scendere a compromessi con certe piaghe della società per meglio controllarle e ridurne i danni.
Ne è un esempio il periodico riproporsi della discussione sull'opportunità di riaprire le "case chiuse" per limitare il fenomeno della prostituzione di strada ed i conseguenti pericoli sociali e sanitari; discussione che vede contrapposti quanti ritengono ineliminabile il fenomeno e pertanto necessario scegliere il male minore e quanti, invece, non ritengono accettabile uno Stato che istituzionalizzi lo sfruttamento sessuale e ne riceva un introito economico.

Ne è, ancora, un esempio la recente ribalta data dai media alle cosiddette "stanze del buco".
La scintilla è scoppiata lo scorso 12 giugno, quando il ministro della Solidarietà sociale Ferrero, in un'intervista a Radio Radicale, si è dichiarato favorevole alla possibilità di sperimentare in Italia le "shooting room", prefabbricati pubblici dove i tossicodipendenti possano iniettarsi eroina sotto controllo medico.
Le note di biasimo per una dichiarazione "sconsiderata" e comunque fatta "a titolo personale e non governativo" sono arrivate a Ferrero sia dall'Opposizione (che con la legge Fini-Giovanardi scelse la massima intransigenza contro la tossicodipendenza) sia dalla sua stessa Maggioranza («Di "stanze del buco" e proposte simili non c'è traccia nel programma di governo dell'Unione», ha subito puntualizzato Romano Prodi).
Ma sono arrivate anche autorevoli dichiarazioni favorevoli all'esperimento. Prima fra tutte quella di Umberto Veronesi: «liberalizzare le droghe pesanti fa calare il numero dei tossicodipendenti. Da quando nel 1991 a Zurigo è cominciata la somministrazione controllata di eroina, i neo-consumatori sono l'82% in meno. Questi dati dimostrano che la politica liberale della Svizzera non ha provocato la tanto temuta banalizzazione del consumo di eroina e che la proibizione non è un deterrente, ma fa aumentare il desiderio di trasgressione».

Sono molti, in Europa, i paesi che utilizzano le "stanze", simili ad asettici ambulatori, come tecnica di riduzione del danno: Germania, Olanda, Spagna. Gli eroinomani trovano assistenza medica e siringhe sterili. In Svizzera, poi, è anche prevista la somministrazione controllata di eroina: i tossicodipendenti non devono comprare la roba dallo spacciatore, è lo Stato che gliela fornisce (eroina prodotta in aziende farmaceutiche, priva di pericolose sostanze da taglio). E il metodo funziona, almeno in termini di riduzione dei morti da overdose, di malattie "da buco" e del numero di aggressioni e rapine compiute dai drogati per pagarsi la dose. Senza calcolare i danni inflitti ai profitti dello spaccio. E gli eroinomani "sotto controllo", non assomigliano più a ragazzi ribelli e difficili, con una vita "al limite" ma sono integrati nella società, invecchiano "normalmente", non sono più un modello di vita trasgressiva che un ragazzino possa desiderare imitare.

Totalmente contrario all'idea è invece Giovanardi dell'Udc che sottolinea come nelle "stanze del buco" la tossicodipendenza non venga curata: «Così si indica ai giovani che la droga non è un pericolo mortale, ma qualcosa con cui è possibile convivere».
Sì, perchè in quei luoghi non si muore ma nemmeno si guarisce. E per molti l'esperienza Svizzera equivale ad uno "spaccio" di Stato.
Dunque: irresponsabile avallo o tecnica di riduzione del danno? Sulla somministrazione controllata dell'eroina, anche comunità di recupero, medici ed esperti sono divisi.
«Proposta vergognosa ed aberrante» per don Mazzi, don Gelmini ed Andrea Muccioli di "San Patrignano": l'unica risposta alla droga è una lotta incondizionata, compensata dalla trasmissione di veri valori e di un amore forte per la vita.
Mentre per Barra (fondatore di "Villa Maraini") e Grosso (del "gruppo Abele") meglio una dose sotto controllo medico che un'overdose in uno scantinato o in un vicolo: nei paesi dove le stanze del buco sono state sperimentate c'è stata una forte riduzione dei contagi di Aids ed epatite. Inoltre le stanze diventano luogo in cui gli operatori riescono ad entrare i contatto con i tossicodipendenti e condurli progressivamente al metadone e poi all'astinenza.

Comunque la si pensi, la questione al momento è rinviata. Il nostro Paese (in cui è ancora pienamente in vigore la legge Fini-Giovanardi) non sembra pronto per considerare serenamente un passo del genere. Lo stesso Ferrero, pur difendendo la propria idea, ha ribadito in Parlamento che il programma dell'Unione rimarrà, per lui come per tutta la maggioranza, l'unica "bussola" a cui attenersi. «Non esiste una ricetta unica per un problema così drammatico -ha concluso il ministro- ma sarebbe opportuno guardare al merito della sperimentazione per i risultati prodotti e, per il futuro, tentare di affrontare più laicamente la discussione su questo tema».


Carla Felli

 
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