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Violenza, vendetta e diritto

"Arancia meccanica" ovvero: quando il Diritto non riesce ad essere diverso dalla Violenza e la Libertà viene venduta in cambio del quieto vivere.

"Arancia meccanica" è un film sulla Violenza che si sforza di coglierne l'ambiguità, ma è anche un'allegoria politica che mostra una Società del futuro (non troppo lontano e niente affatto irrealistico) in cui le istituzioni si dimostrano più violente del pur spietato protagonista nel loro tentativo di sopprimere la criminalità. Una Società in cui gli onesti cittadini invocano Ordine e Giustizia ma non esitano a vendicarsi personalmente dei torti subiti, sì che vittime e carnefici, buoni e cattivi, onesti e criminali confondono continuamente i loro ruoli.

Nel 1971, al tempo dell'uscita del film nelle sale cinematografiche, la critica finì per spaccarsi nel giudizio su "Arancia meccanica" e anche all'uscita nelle sale italiane la pellicola, di cui fu chiesto il sequestro, fu accusata di oscenità e di compiacimento per la Violenza che mostrava.
La maggior polemica suscitata dal film riguarda il fatto che Kubrick sembri voler affermare che non esiste una terza via fra Violenza autogestita e Violenza di Stato e che, anzi, quest'ultima è capace di maggiori nefandezze perché meglio organizzata e perché legittimata, anche negli assetti apparentemente più democratici, ad incidere pesantemente sulla vita e sulle scelte dei cittadini.
La terapia del "disgusto per la Violenza", praticata su Alex dal Governo, che mostra il ragazzo legato e immobilizzato, con gli occhi forzatamente sbarrati davanti ad immagini cruente, mentre la sostanza dolorifica iniettatagli gli torce lo stomaco e gli toglie il respiro, fa (o per lo meno dovrebbe fare) orrore quanto gli stupri e gli accoltellamenti.
Lo stesso Malcom McDowell, che interpreta il protagonista del film, in replica alle proteste che accompagnarono l'uscita della pellicola, dichiarò: «è molto più violento un film come "Berretti verdi", con John Wayne, in cui il buono è moralmente autorizzato ad uccidere».
Ma in "Arancia meccanica" non si capisce chi sia il "buono" per cui parteggiare e dunque la Violenza di entrambe le parti emerge nella sua oggettiva essenza, senza suscitare simpatia o giustificazioni, senza potersi nascondere dietro il paravento della Giustizia.
Alex è mostrato come un personaggio scientemente e completamente malvagio, proprio affinché il giudizio sulla Violenza che compie (ma soprattutto su quella che poi riceve dall'apparato statale) non sia condizionato da pietismi in favore di un giovane innocente.

Di fronte alla Violenza gratuita del protagonista (per la quale, non a caso, si conia il termine di "Ultraviolenza") Kubrick sospende il giudizio. La rappresentazione delle crudeli gesta della banda è inscenata con un occhio volutamente non partecipante: il regista fa cantare e ballare ad Alex "Singin' in the rain" a commento delle atrocità perpetrate nei confronti dei coniugi Alexander; le scene di stupro, linciaggio o accoltellamento sono sottolineate da trascinanti arie di Rossini o di Beethoven e alcune scene tragicamente violente sono accelerate e montate in modo da sembrare uno sketch comico.
Questa scelta di Kubrick, che costituì motivo di scandalo e indignazione, serve ad evidenziare la leggerezza, l'assenza di rabbia o di conflitto morale che accompagna le azioni della banda: la Violenza è per essi una scelta deliberata, non una condanna.
Quando Alex viene guarito, però, non può più gestire le proprie scelte e diventa mite non per volontà, ma (letteralmente) per allergia alla Violenza.
«Il ragazzo non ha una vera scelta!» protesta il personaggio del prete dopo che Alex è stato "curato", «egli cessa di fare il male ma cessa anche di esercitare il libero arbitrio» e aggiunge: «quando un uomo non ha scelta, cessa di essere uomo».
«E' preferibile un mondo di Violenza scelta come atto volontario a un mondo condizionato, programmato "dall'alto" per essere buono o inoffensivo», scrive Anthony Burgess (autore del romanzo da cui è stato tratto il film) nella prefazione del suo libro. E forse Nietzsche aggiungerebbe che l'uomo «attivo, aggressivo, prevaricante è pur sempre cento passi più vicino alla Giustizia dell'uomo che reagisce».
Il titolo "Arancia meccanica" si riferisce, in definitiva, proprio alla disumanizzazione che il Potere compie quando trasforma i cittadini in soggetti irreggimentati, donando un'apparente Sicurezza in cambio della privazione della Libertà.
Il fatto che la "cura Ludovico" renda ad Alex intollerabile, oltre alla Violenza, anche la Nona sinfonia di Beethoven (da lui tanto amata) in quanto utilizzata per accompagnare le orribili immagini a cui il ragazzo è costretto ad assistere, è emblematico della mortificazione del lato più umano del protagonista, che gli viene tolto per uniformarlo al disegno statale di cittadino modello.
Se può essere difficile riconoscere la perdita dell'attitudine alla Violenza come una perdita di umanità (quale però in effetti è) sarà senz'altro più agevole, per lo spettatore, ravvisare la disumanizzazione imposta al ragazzo nel fatto che egli venga privato del suo amore per la musica di Beethoven.

"Arancia meccanica" è una critica alle forme di totalitarismo che non cessano di essere una minaccia e che rischiano di trovare terreno fertile in Società, come quella descritta da Kubrick, appiattite dalla noia, dalla banalità, dal grigiore, in cui, come afferma il personaggio dello scrittore, «la gente è disposta a vendere la libertà in cambio del quieto vivere».
Quella di "Arancia meccanica" è una Società in cui il mito di un Potere Centrale forte, che reprima senza indugio la criminalità, serpeggia presso tutti gli strati sociali se è vero che anche il barbone picchiato dai "Drughi" si lamenta dicendo: «che razza di mondo è questo? Uomini sulla luna, uomini a spasso intorno alla terra, e nessuno che rispetta la legge, nessuno che tiene l'Ordine, nessuno più!»
La Società di "Arancia meccanica" è, peraltro, una Società investita da una drammatica crisi etica, dominata dall'individualismo, dal lassismo, dalla progressiva perdita della solidarietà sociale durkheimiana. Si tratta di una collettività che, senza accorgersene, chiede un'irregimentazione, che invoca un decisionismo politico che li deresponsabilizzi, che li sollevi dalla responsabilità personale della Violenza, che li alleggerisca dal peso del problema etico.
E se l'obbiettivo primario è quello di garantire l'Ordine e la Sicurezza, se la Società richiede un governo intransigente a cui, come afferma il Primo ministro, «non interessano i motivi o le sottigliezze dell'etica» ma «soltanto ridurre la delinquenza e l'atroce affollamento delle nostre prigioni», se la Società non crede più alle capacità rieducative del carcere, la soluzione non può che essere uno Stato che torni ad identificarsi principalmente con la Forza, che sappia picchiare più forte dei teppisti, e con strumenti più efficaci.
Così il Diritto perde la sua differenza e torna ad essere Violenza, come quella del protagonista, e la legge non è più sufficiente a garantire che la reazione delle pubbliche autorità sia altro rispetto a una vendetta.

Ma "Arancia meccanica" rappresenta anche una critica allo Stato borghese e all'ipocrisia dei suoi meccanismi, in cui non contano le persone, ma i ruoli sociali; in cui viene messo in discussione il singolo, mai la struttura dei rapporti.
Così i genitori di Alex, durante gli anni della sua prigionia, lo sostituiscono con un figlio adottivo più consono, come se il problema fondamentale fosse quello di avere comunque un figlio, di essere comunque una famiglia.
L'indignazione e la paura che colgono lo spettatore di fronte alla profanazione della tranquilla casa borghese dello scrittore e di sua moglie da parte dei "Drughi", è tendenzialmente maggiore di quella suscitata dal pestaggio del barbone ubriaco: come se non contasse tanto il "contenuto" della Violenza ma la forma che essa assume, i valori che va a oltraggiare.
La Violenza esercitata da Alex è inaccettabile proprio perché gratuita, mentre la contro-violenza statale appare più sopportabile, se non addirittura giusta e necessaria, perché finalizzata alla difesa del bene comune, della sovrastruttura, dei valori dominanti.
Ciò che conta, dunque, è che, conformemente all'ideologia borghese, la Violenza sia funzionale a qualcosa, che essa abbia un proprio tornaconto. Alla Società non interessa chiedersi "perché esistono individui come Alex" ma "come si può impedire a quelli come Alex di nuocere"

Dunque, viene da chiedersi: la Violenza fine a se stessa è meno grave di quella finalizzata a qualche scopo socialmente condiviso? E' davvero possibile distinguere una Violenza universalmente negativa e una invece positiva?
Kubrick sembra rispondere illustrando una Società permeata dalla prepotenza, parte della quale, però, è occasione di scandalo e indignazione, mentre altra passa quasi inosservata, tanto siamo abituati a considerarla inevitabile.
Se infatti la Violenza gratuita di Alex è una scelta consapevole, per la quale è facile individuare il colpevole, la Violenza di Stato non ha un vero volto, per essa nessuno è responsabile e nessuno deve temere sanzioni.
In un simile contesto, non deve stupire che il governo arruoli in polizia brutali canaglie come gli ex compagni di Alex, i quali spiegano al ragazzo: «per dei vecchi Drughi come noi il lavoro più adatto è questo: poliziotti», prima di vendicarsi delle sue passate prepotenze malmenandolo protetti dal proprio distintivo.

Emblematica è la parte finale del film di Kubrick, che vede Alex trasformato (grazie alla strumentalizzazione del suo caso da parte dei media e dell'opposizione politica) da criminale in vittima della Società e addirittura in eroe nazionale: la scena del Primo ministro, che si vede costretto a scendere a patti con lui, costituisce una perfetta metafora del rapporto tra Violenza e Diritto.
Lo Stato, che non riesce a combattere Alex e ad impedirgli di essere quello che è (così come non riesce ad espellere la Violenza dal tessuto sociale, da essa ineliminabilmente permeato), tenta di allearsi con lui e di fare di esso (come della Violenza) un proprio strumento, indubbiamente uno strumento ambiguo, di cui si rischierà costantemente di perdere il controllo, che potrà essere facilmente strumentalizzato, che rischierà di essere una cura peggiore del male.
Così, nonostante sia palese che il problema non sarà risolto ma, bene che vada, regolamentato, il Primo ministro propone al ragazzo «una nuova intesa tra due vecchi amici», una nuova scommessa che, in quanto tale, non può fugare dubbi e incertezze.


Carla Felli

 
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