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Questa Italia nemica dei giovani

Ci viene segnalato un articolo di Curzio Maltese pubblicato nel luglio scorso sul Venerdì di Repubblica. Lo porgiamo alla vostra riflessione per la lucida precisione, la pungente ironia e la spietata sincerità con cui il noto giornalista descrive la situazione dei giovani nel nostro paese.

In Italia protesta soltanto chi sta bene e quindi della condizione giovanile non parla più nessuno. Era l'ossessione degli anni 60 e 70, quando i giovani avevano molte più speranze. Oggi sono disperati e non fanno notizia. Se la vitalità di un paese si misura con il ruolo delle nuove generazioni, allora l'Italia non è in declino: è in coma.
Nella nostra vita pubblica le persone fra venti e quarant'anni non contano quasi nulla. Abbiamo la classe dirigente più vecchia dell'Occidente e i livelli di occupazione giovanile più bassi. In più, quelli che lavorano sono precari, mal pagati e depressi da un livello di mobilità sociale bassissimo. Un italiano dai venti ai trent'anni guadagna in media meno di diecimila euro all'anno, la metà di un inglese e un tedesco, mille euro meno di uno spagnolo.
Non stupisce che i soldi della famiglia d'origine, la "paghetta", siano la principale fonte di reddito per due terzi dei ventenni italiani, contro il 35 per cento di tedeschi e francesi, il 15 dei britannici. E che due terzi dei maschi italiani fra i venticinque e i trent'anni, vivano coi genitori, quando non si arriva al venti per cento fra francesi e tedeschi e al dieci fra gli inglesi.

In tutti i settori funziona in Italia una selezione alla rovescia per cui se un giovane è creativo, critico e autonomo incontra mille difficoltà nel mondo del lavoro, mentre vengono più facilmente accolti quelli che accettano le regole precostituite. In definitiva, sono preferiti i giovani già vecchi, meglio se un po' rincoglioniti.
Le possibilità di far carriera grazie al merito e alle capacità sono assai limitate non solo rispetto al modello americano, ma a qualsiasi società occidentale, incluse quelle mediterranee. L'Italia esprime una società conservatrice dove si muore come si è nati: ricchi o poveri.
La percentuale di giovani che seguono l'esempio paterno è gigantesca e avvilente. I figli di avvocati fanno gli avvocati, i figli dei giornalisti fanno i giornalisti e così via, in tutte le professioni, dai medici ai politici. Basta aver frequentato un poco l'Associazione industriali per verificare che i giovani imprenditori italiani sono i figli dei vecchi imprenditori, con rare eccezioni.

Certo, il problema dell'invecchiamento delle società non riguarda soltanto noi. Ma almeno altrove è considerato una questione politica di assoluta importanza. La sinistra italiana, che è specialista nelle divisioni ideologiche e nell'evitare ogni discorso concreto, non ha mai considerato il fatto che nelle politiche giovanili la sinistra europea, nonostante le enormi differenze, ha adottato provvedimenti e politiche assai simili. Blair e Zapatero, Schroeder e Jospin hanno investito cifre enormi sull'istruzione, creato sistemi di credito agevolato per i giovani, favorito con leggi sulla casa e le professioni l'uscita dalle famiglie d'origine e l'ingresso nel mondo del lavoro.
Ora qualcuno ha notizia di un programma per i giovani del centrosinistra? L'hanno mai annunciato? L'annunceranno un giorno?


Curzio Maltese

 
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